St’isola mi acchiappa e mi ribalta come un calzino, arriva sempre un punto in cui inizio a detestarla. Ad odiare la sporcizia che deturpa una terra africana, a disprezzare il consumismo che trasuda su Viale Roma, a innervosirmi per i barconi di turisti che arrivano nelle calette a frotte, per giunta nella mia caletta preferita, mentre io voglio solo silenzio. E si, ho detto voglio.
I sorrisi non fatti nei negozi, il pesce fritto che ogni anno diventa più caro.
È che Lampedusa ti chiede di imparare ad amare l’imperfezione. Ti chiede di ampliare il cuore così tanto da farci star dentro anche le contraddizioni. Ti chiede.
Che poi arriva una lezione di Rino al Reef Yoga Family – Lampedusa, una chiacchierata con una amica, un saluto all’archivio Storico e Giacomo, a Porto M, che canta “Io non ho paura”.
E allora prima il corpo, poi l’anima e infine il mio elemento naturale si riallineano, io ritrovo il centro, la mia energia, il perché sto viaggiando in questo modo, qui, di questi tempi.
È tempo di tornare a casa, ma prima, é tempo di Sicilia.
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